Lotta Europea

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giovedì 23 febbraio 2012

Succede tutto in poche ore. A Tbilisi, in Georgia, un diplomatico israeliano denuncia alla polizia la presenza di un ordigno sotto la sua auto. A Nuova Delhi, una bomba viene posizionata su un auto dell'ambasciata d'Israele, da due persone in moto. Quest'ultimo attentato ricorda i numerosi precedenti a Teheran, che hanno colpito alcuni uomini impegnati nel programma nucleare.
Ma non finisce qui, Israele denuncia anche una fallita azione terroristica che avrebbe dovuto colpire la sua ambasciata in Azerbagian. Questi attentati cadono come manna dal cielo per Israele, che, non perdendo tempo, in un sol colpo accusa sia Hezbollah e la vicina Siria che l'Iran, ben sapendo che un ipotesi esclude l'altra. Hezbollah avrebbe agito per vendicare l'uccisione del leader Imad Mughnyeh, nel primo anniversario della sua morte a Damsco; gli iraniani avrebbero invece voluto così lanciare una risposta alla moria di scienziati nucleari.
A ben vedere in realtà spunta una terza pista: è tanto paradossale pensare che questi attentati (che non hanno provocato nessuna vittima) saranno utili come ennesimo pretesto per contrastare le politiche di Teheran e Damasco?
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giovedì 16 febbraio 2012

Da quando la Corte Suprema americana ha eliminato i limiti ai finanziamenti delle campagne elettorali la corsa alla casa bianca si colora di verde, il colore dei dollari. I giganti dell’alta finanza, come Goldman Sach’s, UBS e Morgan Stanley, hanno investito almeno 1,8 milioni di dollari sul repubblicano Mitt Romney. Le stesse banche d’affari che a suo tempo investirono, seppure cifre meno ingenti, nella campagna dell'abbronzato Obama. Le stesse banche che nel 2008 hanno ricevuto dalla Casa Bianca un prestito di 161 miliardi di dollari per superare la crisi: i debiti prima o poi li pagano tutti.


Ma “la stella di casa” Romney non è la prima volta che intrattiene affari con i magnati dell’alta finanza: con G&S aveva investito in azioni “ipo” che dieci anni dopo gli hanno fruttato 1,1 miloni di dollari, e sempre con G&S ha creato un fondo, il Bain Capital, sul quale ha investito 40 milioni di dollari attraverso strumenti finanziari.



L’economia gira, e ormai ha ingerito completamente la politica. Le banche d’affari prestano soldi ai candidati, determinando fortemente l’ascesa degli stessi, i quali, una volta insediati, ricambiano il favore elargendo finanziamenti pubblici e coprendo le falle neei loro conti, determinano la crisi finanziaria che fingono di contrastare. E se questo sistema "democratico" si inceppa, ecco subito un rimedio più tecnico…
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martedì 14 febbraio 2012

Atene brucia, come nel 480 a.C., quando i Persiani di Serse devastarono l'Attica nonostante l'estremo sacrificio dei trecento di Leonida.
Atene brucia, ma nessun esercito l'ha occupata. Il nuovo nemico non ha elmi né spade, non ha un corpo né un anima. Non ha un nome, non ha una bandiera, non ha una terra. Non scende in campo aperto, ma opera nell'ombra. Eppure colpisce ed uccide.
Sono i nuovi barbari. Sono gli uomini della finanza internazionale e dell'usurocrazia mondialista. Sono i tecnocrati del nuovo ordine mondiale. Sono i politici, traditori del proprio popolo, novelli Efialte.Vinceranno una battaglia, supereranno altre Termopili, abbatteranno altre mura, devasteranno altre Acropoli e altri santuari, bruceranno altri campi.
Oggi come allora ad Atene si combatte per la civiltà d'Europa. Oggi come allora, gli uomini liberi vinceranno.
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domenica 12 febbraio 2012

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sabato 11 febbraio 2012

Non ci sono notizie ufficiali, non ci sono fonti credibili, non ci sono notizie certe, eppure i media occidentali non hanno dubbi: il governo Assad e l'esercito siriano stanno massacrando il proprio popolo, mietendo ogni giorni centinaia di vittime.
Senza considerare che se così fosse, le città sarebbero spopolate già da tempo. Senza considerare che un movimento di massa come quello descritto dalle migliori penne del giornalismo internazionale non nasce dal nulla, non si espande autonomamente e non rimane in piazza per mesi, ancor di più se colpita da una costante repressione. Senza considerare che un movimento autonomo non ha la propria sede di rappresentanza a Parigi. Senza considerare che un movimento spontaneo non necessita della costante presenza di agenti dei servizi segreti occidentali in loco.
Eppure sui giornali, compresi quelli italiani, continuano a comparire dettagliati reportage sul mercato nero delle armi e sull'aumento dei prezzi (si scrive che per acquistare un AK-47 a Beirut, dove si riforniscono gli insorti, bisogna sborsare 2100 dollari, a fronte dei 100 richiesti in Iraq), senza chiedersi da dove provengano i soldi necessari.
Eppure la conta quotidiana dei morti continua, con numeri precisi ed agghiaccianti, nonostante, qualche riga dopo, si scriva che non c'è nessuna notizia certa.
Eppure in video continuano a mostrare le case colpite dai bombardamenti dell'esercito, tutte con il tetto in fiamme, ma tutte rigorosamente in piedi, come se davvero ci fosse un rogo di gomme per le auto a simulare i danni delle bombe, come denunciato da Assad.
Eppure le voci dei ribelli, riprese da twitter, vengono sbattute in prima pagina come verità rivelata, mentre le note ufficiali del governo di Damasco vengono passate sotto silenzio, censurate preventivamente.
La macchina mediatica è in moto e sarà difficile fermarla, ma tanti piccoli granelli di sabbia potranno bloccare i suoi ingranaggi.
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venerdì 10 febbraio 2012



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lunedì 6 febbraio 2012

Parlando ai deputati nell'aula del parlamento regionale, nel castello di Holyrood, il primo ministro del governo autonomo scozzese Party Salmond, dello Scottish National Party, ha annunciato "la decisione più importante presa dal popolo scozzese negli ultimi trecento anni”: un referendum per richiedere l'indipendenza della Scozia dal Regno Unito. Nel 2014, 700 anni dopo la battaglia di Bannockburn, con la quale la Scozia guadagnò temporanemante (per tre secoli) l'indipendenza dall'Inghilterra, il popolo scozzese potrebbe essere chiamato alle urne e fare scaccia della sua fedeltà a Londra.
Un duro colpo per la corona inglese, se si considera che, dal 1969, sono attivi nel Mare del Nord numerosi siti di estrazione di greggio e gas, tanto che il Regno Unito, attualmente, nella classifica dei maggiori produttori europei di petrolio e di gas si colloca rispettivamente al terzo e al quarto posto: qualora si attuasse l'indipendenza, il 95% del petrolio e il 58% del metano estratti finirebbero sotto il controllo di Edimburgo. Secondo Salmond, "lo scopo e l’intenzione [del referendum] è che a trarne beneficio siano gli scozzesi”. E' per questo motivo che l’Inghilterra, sperando in una sconfitta del “sì”, sta cercando di anticipare i tempi della votazione, così da evitare una simbolica sovrapposizione di date che chiamerebbe alle urne una maggiore affluenza e risveglierebbe certamente l'identità scozzese.
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