Lotta Europea

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martedì 29 gennaio 2013

A mezza bocca e mai direttamente, Israele ha ammesso il suo coinvolgimento nell'esplosione di lunedì scorso a Fordo, centrale sotterranea, fulcro del programma nucleare iraniano. La notizia, resa pubblica dall'ex ministro iraniano della Sicurezza Hamid Reza Zakeri e dall'ex guardia della rivoluzione Reza Kahlili (entrambi espatriati da un paio d'anni, il secondo collaboratore della CIA), è stata rilanciata prima dal Times e poi dall'israeliano Tedioth che ha parlato del "più importante sabotaggio al programma nucleare iraniano". Più neutrali le parole ufficiali del governo di Tel Aviv che, per mezzo del ministro Avi Dichter, pur non intestandosi l'atto di sabotaggio, ha affermato che "ogni esplosione in Iran che non ferisce la gente ma colpisce le sue attività è benvenuta". E' dal 2009 che l'esercito americano studia il sito di Fordo e il Sunday Times ha anche rivelato che a Fordo è esploso un dispositivo spia camuffato da roccia che stava intercettando dati sensibili dai computer del centro.
Quale che sia la verità sulle esplosioni di lunedì scorso, è sicuro che, mentre sugli schermi cinematografici dell'Occidente, il film "Argo" ci mostra la difesa dei democratici statunitensi dalla barbarie e dall'inciviltà iraniana nel 1979/80, Stati Uniti ed Israele si preparano ad "un'operazione chirurgica" contro gli ayatollah: "come uno scalpello" ha detto Ehud Barak in riunione a Davos.
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sabato 26 gennaio 2013

Cosa è successo al Monte dei Paschi di Siena? Perché la banca più antica del mondo attualmente in attività è sull'ordo del crack finanziario, facendo tremare le vene e i polsi a gran parte del mondo politico? Tutto ha avuto inizio quando "il rinvenimento di documenti tenuti celati all'Autorità di Vigilanza e portati alla luce dalla nuova dirigenza di MPS" ha fatto emergere "la vera natura di alcune operazioni riguardanti il Monte dei Paschi di Siena riportate dalla stampa": fin qui le parole di una nota di Banca d'Italia, ma quali sono queste operazioni e quale è la loro natura?
La risposta si trova nei 6,2 miliardi di perdite accumulati dal 2011 ai primi nove mesi del 2012, nei titoli di stato posseduti per 26 miliardi (due volte e mezzo il capitale stesso della banca), negli 11 miliardi di derivati e nei 17 miliardi di crediti a rischio che hanno costretto MPS a richiedere al Tesoro i soldi dei contribuenti, sotto forma di titoli speciali: sono i Monti bond, emanati dal Tesoro per un valore di due miliardi, che si aggiungono ai già versati 1,9 miliardi di Tremonti bond del 2009. Debiti e perdite derivati, in gran parte, dall’acquisizione dell'Antonveneta dal Banco di Santander, costata 9 miliardi di euro poi saliti a 10, tre più di quanto fosse costata al venditore, 5 o 6 più del reale valore patrimoniale: abbastanza per suscitare i sospetti della magistratura che ha aperto un’inchiesta per aggiotaggio (oltre che per ostacolo alla Vigilanza) e per accendere i riflettori su altre operazioni dai nomi di mete turistiche come Alexandria e Santorini (essenzialmente, operazioni in derivati compiute con la giapponese Nomura per ottenere utili da ripagare in futuro per finanziare la fondazione).
Al di là dei tecnicismi e al di là dell’inchiesta della magistratura, restano nell’ombra i rapporti politici e la rete di relazioni intessute in quella che è una delle città massoniche del centro Italia. E rimane senza risposta le domanda più ovvie e banale. Perché la scalata ad Antonveneta ed il debito accumulato? Perché il coperchio è stato sollevato e le verità stanno lentamente e con difficoltà saltando fuori? La risposta l’ha data Cingolani su Il Foglio Quotidiano: Mussari, allora presidente di MPS, “si è fidato troppo della propria abilità, delle protezioni eccellenti, di quel sistema senese che mette insieme la curia, la massoneria, i sindacati, gli ex socialisti e gli ex comunisti”.
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Lotta Europea n°4
 
Il quarto numero del bimestrale europeista Lotta Europea è online, come sempre consultabile gratuitamente. Chiunque volesse sostenere la nostra lotta e le nostre iniziative editoriali, può comunque farlo acquistando la singola copia cartacea (3€) o abbonandosi a 6 uscite (18 €).
Oltre che online, a Roma la rivista è in vendita nei seguenti punti:
- Sezione Prati, Via Ottaviano, 9, (mercoledì e venerdì dalle 17.00 alle 20.00)
- Augustus pub, C.so V.Emanuele II, 203, entrata in vicolo della Cancelleria (tutti i giorni dalle 18.00 fino a tarda notte).
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martedì 22 gennaio 2013


Il 29 gennaio prossimo a Parigi l’Assemblée Nationale discuterà il progetto di legge avanzato da Hollande “Matrimonio per tutti”, teso a legalizzare le nozze tra persone dello stesso sesso. In Francia, il paese del giacobinismo e dei lumi, diversamente da molti altri stati europei, la legge non distingue tra matrimonio e adozione, permettendo a tutte le coppie sposate di adottare: questo significa, quindi, che la legalizzazione del matrimonio omosessuale comprende automaticamente ope legis la possibilità di adozione. Mentre l’Europa di Bruxelles, asservita alle lobby omosessuali e sepolcro imbiancato del politically correct, strizza l’occhio ad Hollande, il 13 gennaio scorso il popolo francese è sceso in pizza: 800mila persone, senza alcun politicante in testa, hanno sfilato per le vie di Parigi gridando il loro rifiuto verso un progetto di legge che ribalta l’ordine naturale delle cose, annulla il valore della famiglia tradizionale e pregiudica in maniera irreversibile il futuro dlle vittime innocenti dei giochi degli adulti, i bambini.
"Noi non vogliamo il matrimonio, che è riservato all’uomo e alla donna in quanto possono procreare. È così da secoli. La pace si costruisce dentro la famiglia e per avere pace nella famiglia bisogna donare ai bambini il quadro più naturale e che più infonde sicurezza per crescere e diventare grandi. Cioè la composizione classica uomo-donna": lo ha detto Nathalie de Williencourt, portavoce di HomoVox. Ogni tanto capita ancora di ascoltare una voce ragionevole.
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venerdì 18 gennaio 2013

Mentre proseguono gli incontri e le trattative fra Hamas e Fatah per una loro riconciliazione, e mentre l'sercito israeliano spara sulla folla durante una manifestazione contro il muro in Cisgiordania (un morto, diciassettene, il 14 gennaio scorso a Burdus), il premier israeliano Netanyahu, che si appresta a vincere le elezioni politiche del 22 gennaio p.v., parla alla pancia del suo partito (il Likud) e del suo paese, solleticandone gli istinti più reconditi, affermando che l'eventuale accordo fra l'Autorità Nazionale Palestinese ed il governo di Gaza precluderebbe la ripresa dei negoziati di pace israelo-palestinesi. Negoziati che comunque non avrebbero, a suo avviso, motivo di esistere se Mahmud Abbas, presidente dell'ANP e leader di Fatah, continuerà imperterrito nelle sue "irragionevoli" richieste, preliminari e necessarie per qualsiasi intesa:il blocco delle costruzioni nelle colonie israeliane della Cisgiordania e nella parte orientale di Gerusalemme, che pure è, anche in base ai trattati internazionali (è utile ribadirlo), la capitale del futuro Stato di Palestina. Intanto, stando alle accuse dell'ex-premier Olmert, 3 miliardi di dollari sono già stati stanziati per l'organizzazione della guerra all'Iran.
Non per questo risulta credibile la sua principale oppositrice, Tzipi Livni, nel momento in cui si dichiara diplomaticamente pronta ad aprire una nuova stagione di trattative con l'ANP: da ministro degli Esteri nel 2009 promosse l’operazione Piombo Fuso su Gaza, provocando la morte di 1400 uomini.
A destra del Likud cresce invece Habayit Hayehudi ("la casa degli ebrei"), il partito di Naftali Bennett, già leader di Yesha, il movimento delle colonie, e ancor prima militare nelle Sayeret Metkal. Il suo programma: autonomia palestinese sotto il controllo militare israeliano nelle aree A e B della Cisgiordania, e annessione dell'area C, ossia di quel 60% della Cisgiordania dove sono sorte le colonie.
Il futuro è fosco in Palestina.
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