
Allo stesso tempo, mentre confermava il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, Obama sottolineava che il ritmo del rientro dei militari da Kabul sarà determinato dalle condizioni sul terreno, condizioni che al momento sono drammatiche (il 2010 si sta confermando l’anno più sanguinoso dall’inizio delle ostilità mentre un recente reportage del Washington Post ha accusato di corruzione la Kabul Bank, il più grande istituto di credito privato del Paese, di cui Mahmud Karzai, fratello del presidente Hamid, detiene il 7%).
La necessità di ottenere al più presto un successo politico in ambito internazionale ha spinto Obama ad aprire in pompa magna, giovedì scorso, i negoziati di pace diretti tra Israele e ANP. Tuttavia, dopo la stretta di mano e le foto di rito, Abbas e Netanyahu hanno ribadito ciascuno le proprie condizioni necessarie a garantire la continuazione dei negoziati, le stesse che fino a pochi giorni fa invece erano indicate tanto dal presidente palestinese, quanto dal premier israeliano, come i principali ostacoli al processo di pace: il rinnovo della moratoria sulle costruzioni nelle colonie in Cisgiordania per il primo e il riconoscimento di Israele come Stato a carattere ebraico per il secondo.
La necessità di ottenere al più presto un successo politico in ambito internazionale ha spinto Obama ad aprire in pompa magna, giovedì scorso, i negoziati di pace diretti tra Israele e ANP. Tuttavia, dopo la stretta di mano e le foto di rito, Abbas e Netanyahu hanno ribadito ciascuno le proprie condizioni necessarie a garantire la continuazione dei negoziati, le stesse che fino a pochi giorni fa invece erano indicate tanto dal presidente palestinese, quanto dal premier israeliano, come i principali ostacoli al processo di pace: il rinnovo della moratoria sulle costruzioni nelle colonie in Cisgiordania per il primo e il riconoscimento di Israele come Stato a carattere ebraico per il secondo.
Il “bluff” del successo diplomatico di Obama potrà durare, però, solo fino al 26 settembre quando Netanyahu annuncerà, come previsto, la ripresa delle edificazioni negli insediamenti illegali in Cisgiordania. Costringendo così Abbas a mettere fine questa farsa del colloquio: la colpa del mancato accordo ricadrà, ancora una volta, sui palestinesi e Israele potrà continuare a portare avanti senza troppi problemi la propria politica coloniale.
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