Lotta Europea

Lotta Europea

lunedì 30 maggio 2011



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venerdì 27 maggio 2011

Il mito greco racconta che gli uomini di Mecone, durante un sacrificio agli dei, sotto consiglio del titano Prometeo, si spartirono le carni degli animali immolato, riservando alla divinità solamente le ossa: Zeus punì la sfrontatezza degli umani togliendo loro il fuoco e nascondendolo nella fucina di Efesto. Prometeo, introdottosi di nascosto nell'officina del dio-fabbro ne rubò alcune faville, riportandole sulla terra: questa volta Zeus infierì direttamente sul titano, incatenandolo nudo alla roccia del monte Caucaso (quindi, esiliandolo dall'Europa) e inviando ogni giorno un'aquila a divorarne il fegato (che ogni notte ricresceva).

Dal racconto mitico emerge la concezione tradizionale dell'uomo e del suo ruolo nell'universo. Cerchiamo di spiegare meglio questo concetto.

L'uomo tradizionale, sia che abitasse nella polis greca, che nella Roma imperiale o, ancora più tardi, in un castello medievale, era (e sapeva di essere) inserito, sin dalla nascita, in un ordine fisico e metafisico, che non aveva creato lui e che, pertanto, non era alla sua mercé. La sua intelligenza e la sua razionalità, che lo innalzavano ad un livello superiore rispetto alla natura circostante, erano considerate doni di un dio o doni di Dio perché potesse seguire la sua natura umana, obbedire alla natura delle cose (la legge naturale), entrare in rapporto armonico con l'essere universale, aderire umilmente ad una Verità e ad una Legge a lui superiori, il cui padrone non è l'uomo ma Dio (o gli dei).

Prometeo, però, non rimase incatenato in eterno, com'era nei piani di Zeus perché, dopo tremila anni, Eracle trafisse con una freccia l'aquila e liberò il titano, spezzandone le catene.

E' quanto successo in Europa con la rivoluzione luterana e protestante, con quella illuminista e con quella marxista che hanno rovesciato la visione del mondo, abolendo ogni autorità superiore all'individuo e divinizzando l'essere umano, chiamato a salvarsi da solo, senza intermediazione alcuna. E' la nascita dell'uomo moderno, che rifiuta di misurarsi sulle cose per farsi invece loro misura. L'intelligenza non è più lo strumento per indagare la realtà e il creato, ma per dominarla e ri-crearla. Nessuna legge superiore imbriglia più la volontà ("volere è potere") e tutto diventa lecito in quanto frutto di libertà.
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giovedì 26 maggio 2011

L'arresto di Strauss-Kahn e le sue successive dimissione dalla direzione del Fondo Monetario Internazionale hanno aperto la corsa alla successione. Dal dopoguerra ad oggi è stato in piedi un tacito accordo tra le potenze occidentali: all'Europa la massima poltrona del FMI, agli Stati Uniti quella della Banca Mondiale. E così il papabile successore di Strauss-Kahn sembra essere nuovamente un francese, o meglio una francese, Christine Lagarde, attuale ministro delle Finanze del governo Sarkozy: la sua nomina ufficiale dovrebbe arrivare durante i lavori del G8 che si è aperto oggi a Deauville.
Ma le economie emergenti, i paesi del cosiddetto BRIC (acronimo per Brasile, Russia, India e Cina), si sono opposte ufficialmente a questa proposta di successione, sottoscrivendo un documento nel quale si chiede che la scelta non sia determinata dalla nazionalità. In poche parole, i nuovi protagonisti dell'economia e della finanza mondiale chiedono più spazio negli organismi di governo mondiale.
Probabilmente la loro richiesta cadrà nel vuoto, ma resta il segno di una crisi sempre maggiore della leadership statunitense ed occidentale.
D'altronde il FMI non gioca più, nel mondo, il ruolo decisivo dei decenni scorsi: già la Cina, e presto anche l'India, è impegnata a soccorrere le economie in crisi, prestando denaro e coprendo i debiti degli stati in bancarotta. E a partire da una serie di accordi siglati in Thailandia nel 2000, si sta costituendo in Asia un "Fondo Monetario Asiatico", alternativo al "Fondo Monetario Internazionale", nel qualei 10 paesi del sud est asiatico e le tre potenze di Cina, Giappone e Corea del Sud hanno già versato oltre cento miliardi di dollari, già disponibili (dal marzo 2010) per coprire eventuali situazioni di pericolo finanziario.
Una nuova falla si apre nel governo mondiale unipolare a guida U.S.A.
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lunedì 23 maggio 2011

Il Fondo Monetario Internazionale è un istituto specializzato delle Nazione Unite, la cui funzione principale consiste nell’occuparsi degli Stati in crisi, distribuendo prestiti e programmi di risanamento economico.
La concessione di un prestito è vincolata da una serie di riforme finanziare che lo Stato debitore è costretto ad applicare. Queste riforme si riassumono in una “ricetta” standard: abolizione del protezionismo; privatizzazione delle imprese pubbliche; taglio delle spese pubbliche finanziariamente non necessarie (scuola e sanità, ad esempio); aumento della pressione fiscale, per far fronte ai propri debiti.
Il F.M.I. si intromette nella politica interna dei Paesi al tracollo, trasformando la loro economia verso un liberismo assoluto, utile ai grandi investitori occidentali.
La situazione diviene paradossale, se si pensa che sono gli stessi grandi investitori ad avere la capacità di mandare uno Stato in bancarotta. Con questa ottica, il F.M.I. assume il ruolo di strumento di cui si serve la finanza internazionale per allineare alle proprie direttive i Paesi disobbedienti, con economie liberiste moderate (come Grecia ed Irlanda) o stataliste (come gli Stati post-comunisti dell’Est Europa).
Il Fondo Monetario Internazionale, con le sue imposizioni ultraliberiste, ha agito in modo che le crisi dei Paesi dove è intervenuto ricadessero sulle classi sociali più povere: la liberalizzazione del mercato del lavoro ha provocato forti riduzioni dei salari e la precarizzazione dei rapporti di lavoro; l’apertura dei mercati ad investirori esteri ha devastato le piccole imprese, gettando nella miseria quantità enormi di artigiani e piccoli proprietari terrieri; i tagli ai servizi pubblici hanno generato diminuzioni del livello della sanità pubblica, crisi delle agenzie di trasporti e peggioramento della pubblica istruzione.
Di fronte a tale barbarie, perde importanza lo “scandalo” della presunta violenza sessuale commessa da Dominique Strauss-Kahn, direttore generale del F.M.I. e fino all'altro giorno robabile candidato presidente del Partito Socialista Francese. Che abbia commesso o meno tale gesto, rimane la colpevolezza di aver provocato disastri sociali insanabili. Colpevolezza sua e di molti altri.
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domenica 22 maggio 2011



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venerdì 20 maggio 2011

Gli interessi strategici ed economici che hanno spinto la Francia e, a ruota, l'Occidente ad intervenire in Libia non si limitano solo ai giacimenti di gas e di oro nero, ma, probabilmente abbracciano anche l'oro azzurro: l'acqua.
Sotto il deserto libico (e in parte sotto quello egiziano) si estende un enorme lago sotterraneo di acqua potabile, ampio oltre 88mila chilometri quadrati, capace di irrigare 400mila ettari di terreno per 800 anni. Gheddafi iniziò a sfruttare questo giacimenti negli anni '80 quando una apposità Autorità predispose un'enorme rete di infrastrutture (GMR, Great Manmade Rivere) per convogliare l'acqua verso la fascia costiera (il costo dei lavori, non ancora completati, è stato stimato superiore ai 32 miliardi di dollari).
Ora, bisogna sapere che hanno sede in Francia le tre maggiori multinazionali dell'acqua (Veolia, Suez Ondeo, Saur) che da sole controllano oltre il 40% del mercato mondiale delle acque dolci: non è difficile immaginare come questi tre colossi aspirino al controllo di questa riserva idrica e della rete di distribuzione, allo stesso modo in cui Total aspira ad ampliare la propria quota di concessioni petrolifere. E non è difficile immaginare che il nuovo governo libico provvederà alla creazione di una nuova Autorità per il controllo delle acque che possa procedere alla loro privatizzazione, così come ha già provveduto all'instaurazione di una nuova Autorità petrolifera che ha avviato la rinegoziazione delle concessioni di sfruttamento ed esportazione del petrolio.
Sarà un'altra vittoria del libero mercato, un'altra tappa per l'ammissione della nuova Libia nel club del nuovo ordine mondiale.
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sabato 14 maggio 2011






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venerdì 13 maggio 2011

“Astrea e i Titani – Le lobbies americane alla conquista del mondo” è un libro dello storico medievista Franco Cardini che che focalizza l’attenzione sul ruolo di Stati Uniti, multinazionali e lobbies di potere nelle dinamiche politiche ed economiche globali.
Il libro descrive la capacità degli Stati Uniti di porsi come unici garanti della sicurezza internazionale, con una manovra di influenza politica (attraverso le rivoluzioni liberali, finanziate nei paesi “non allineati”), militare (attraverso il mantenimento delle basi NATO) e sociale (attraverso il monopolio della cultura). Questo processo ha portato gli Stati Uniti ad essere gli unici referenti di se stessi. In questa politica, un momento chiave è costituito dai fatti dell’11 Settembre, che, da quel momento, hanno giustificato agli occhi di tutti (o quasi) ogni possibile reazione, prima fra tutte la legittimità del paese a stelle e strisce di mettere bocca sulle vicende di politica interna di ogni Stato. Da quel giorno, in nome della lotta al terrorismo per la libertà e la democrazia, l'autodeterminazione e la sovranità degli stati sono state sacrificate in cambio di una fantomatica sicurezza internazionale, dietro la quale si nascondono gli interessi geostrategici U.S.A.
Tuttavia, neanche la politica americana è libera e autonoma nelle sue scelte, ma a sua volta vittima (e complice) di una manipolazione strategica portata avanti da lobbies e multinazionali, capaci di infiltrarsi negli apparati statali e condizionarne la politica interna ed esterna: “il potere decisionale non sta più nelle mani dei popoli e delle nazioni, ma neppure dei governi”. Da qui il titolo del saggio: le vecchie potenze statali, private di ogni potere decisionali, sono paragonate alle divinità assoggettate a Zeus, figurazione degli U.S.A., a sua volta messo sotto assedio dai Titani, lobbies e poteri occulti. Solo il ritorno di Astrea, dea della giustizia, permetterà un ritorno all'ordine: ella si porrà contro “il tradimento dei politici, che hanno accettato di divenire comitato d’affari delle multinazionali” e contro quelle multinazionali “che sono riuscite a fare evolvere la democrazia stessa fino a svuotarla di senso, aldilà dei meccanismi di selezione su cui si fonda”.
Il testo è uscito alle stampe nel 2005, ma l'analisi di Cardini è tutt'altro che superata, come dimostrato dall'attuale scenario mediorientale e dalla guerra di Libia: come più volte ripetuto, nonostante la copertura mediatica, l'intervento N.A.T.O. appare sempre più essere mosso, non certo dalla volontà di esportare la democrazia e la libertà, ma dall'interesse occidentale ad allineare Tripoli alle proprie strategie politiche.
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venerdì 6 maggio 2011

Nella definizione di una nuova Europa, liberata da un sistema sociale ingiusto e coercitivo, non si può prescindere dalla descrizione del termine “solidarismo”.
Con esso si definisce storicamente e culturalmente, la risposta organicista al cambiamento strutturale della società tradizionale, nel momento in cui il sistema liberista e la relativa risposta socialista, acuirono la divisione ed i conflitti sociali, dividendo il “destino” di quella che fino ad allora si comportò come “comunità di popolo”, in luogo sociale di contrattazione di diversi fini e mete, fin troppo discordanti.
Storicamente l’orientamento solidarista, sviluppatosi nel XIX sec., si introdusse nel filone di un’altra dottrina, quella sociale della Chiesa, anch’essa nata nel tentativo di risolvere i problemi politici sociali ed economici derivanti dal “sistema borghese”, ridefinendo l’idea di Uomo, lavoro, Stato, in chiave tradizionale.
Qual’era questo ordine tradizionale che questo pugno di pensatori “ribelli” secondo gli indirizzi culturali di quel tempo (per citarne alcuni, Pierre Leroux, Leon Burgeis, Giorgio La Pira, Albert Fuillet), cercarono con foga di ridefinire nella speranza di evitare il peggio?
Bisognava ridefinire il bene comune, come somma morale degli interessi dei singoli e di conseguenza fine ultimo delle azioni degli uomini della società. Superare la lotta di classe, frenare la società del profitto con il suo individualsimo centrifugo e ricostruire la comunità di popolo, organica e armonica (alla stregua del corpo umano) come “comunità di destino”. Ridefinire l’idea di Uomo come essere irripetibile e sociale, che prenda il proprio posto e collabori, in accordo e armonia con gli altri, alla realizzazione morale, spirituale e materiale della collettività, nel rispetto della sua propria funzione. Né più parte di una massa spersonalizzata, né più singolo, individualista, capace della sua massima realizzazione da solo in costante lotta con il vicino.
Ridare voce quindi a quel concetto di “responsabilità in solido”, tipicamente romana, dove ognuno compie la propria funzione al meglio, consapevole che il risultato sarà la “maggior gloria” di tutti, partecipe di un meccanismo solidale e ascendente.
Detto questo è facile intuire come la battaglia solidarista sia ancora valida, anzi si prospetti come la vera battaglia contemporanea contro quel mondo, nato dalle rivoluzioni industriali e borghesi, che si è “evoluto” sino ad oggi, lasciando a questi piccoli uomini moderni che vagano frenetici per il mondo, l’isteria di inseguire la felicità (ormai solamente materiale) da soli, svincolandosi “furbescamente” dall’appartenere a qualcosa di più grande ed aderire a qualcosa di più nobile: un Popolo, una Civiltà, un Dio.
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mercoledì 4 maggio 2011

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