Lotta Europea

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domenica 20 febbraio 2011

La guerra del gas

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Facciamo un piccolo salto nel passato.
26 dicembre 2004, la “rivoluzione arancione” in Ucraina, operazione coperta e finanziata dagli Usa, termina con la vittoria del leader della protesta Vicktor Yushenko alle presidenziali. Cambio di rotta. L’Ucraina da paese satellite Russo ora guarda verso l’UE dalla quale riceve lo status di “economia di mercato”. La risposta russa fu tariffare il gas che esporta tramite l’Ucraina in Europa a prezzi di mercato (230$/1000mt cubi), anziché a prezzo di favore come era stato sino ad ora (60$/1000mt cubi). A seguito di una crisi diplomatica Gazprom decise di chiudere i rubinetti per Kiev,con la conseguenza che le importazioni europee subirono un drastico calo, dovendo attingere alle riserve petrolifere.
La tensione di un possibile ripetersi della crisi energetica spinse la Gazprom a cercare altre vie più sicure per l’Europa.
15 maggio 2009, alla presenza di Silvio Berlusconi e Vladimir Putin viene siglato l’accordo tra ENI e Gazprom per la costruzione entro il 2015 di una gasdotto, il South Stream, che porti dalla Russia, attraverso il mar nero e i Balcani,64 miliardi di metri cubi di gas all’anno direttamente in Europa. «Dietro questi numeri si trovano gli accordi di un grande significato politico, perché tutto questo gas arriverà in Europa senza dover più passare per il territorio dell'Ucraina» queste le parole del amministratore delegato ENI Paolo Scaroni alla sigla dell’accordo.
Ma l’approvvigionamento energetico da est è un problema al quale i paesi dell’Ue stanno cercando una soluzione anche tra altre possibilità, tra le quali la più importante è il progetto Nabucco. Nato nel tentativo di trovare una soluzione alternativa all’approvvigionamento del gas dalla Russia, fortemente compromessa dalle “guerre energetiche” con l’Ucraina e dalla guerra russo-georgiana dell’agosto 2008, costituito dal consorzio di 6 compagnie europee e non (di Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Austria, Germania), Nabucco sarà lungo 3.300 km. Dovrà trasportare circa 30 miliardi di metri cubi di gas dalla regione del Caspio e dall’Asia Centrale, passando per i paesi sopra citati. Ovviamente avvallato e promosso dagli Stati Uniti (senza contare che il gas arriva dai paesi come Georgia e Azerbaigian “redenti” dalle rivoluzioni colorate). Anche qui la contromossa russa non è tardata ad arrivare:un accordo russo-turkmeno stabilisce la vendita di due terzi della produzione di gas a Gazprom ed inoltre la promessa all’Azerbaigian di acquistare il suo gas a prezzo superiore di quanto pattuito con l’Europa, lasciando così le riserve di Nabucco a secco.
Ma le attività dell’ENI in terra russa non si limitano solo a South Stream: negli anni ha realizzato il gasdotto Blue Stream e le condotte offshore presso Sakhalin, ha siglato contratti di vendita di gas in Russia, si è aggiudicata lo sfruttamento di alcuni giacimenti russi. E ha restituito alla Gazprom il 20% delle azioni di Gazprom Neft’, acquistate dalla Jukos, finita in bancarotta dopo l’arresto di Mikhail Khodorkhovskij (Lotta Europea si è già interessata a questo personaggio il 30 dicembre 2010).
In questo scenario di guerra fredda energetica la scelta di ENI appare coraggiosa. Ci sarà un nuovo caso Mattei?

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