Lotta Europea

Lotta Europea

lunedì 1 agosto 2011

Turchia e Siria, le crisi parallele

Lotta Europea / / 0
A Damasco la protesta contro la presidenza Assad è entrata ormai nella sua fase più calda, ma è intorno alla città di Hama, duecento chilometri a Nord della capitale siriana, che si gioca lo scontro più importante, che non è quello interno tra manifestanti ed esercito governativo, ma quello internazionale tra Siria e Turchia. L'avanzata dei carri siriani a ridosso del confine fra i due Paesi potrebbe rappresentare l'innesco a un’operazione che Ankara medita ormai da mesi: con il pretesto di proteggere e ospitare i profughi in fuga, entrare in territorio siriano e creare con la forza una zona cuscinetto (una manovra già messa in atto durante la prima Guerra del Golfo, al confine con l'Iraq di Saddam Hussein). Gli esperti prevedono l'occupazione di una striscia di territorio larga al massimo dieci chilometri lungo una parte di confine. In questo modo Ankara rischia di attirare su di sé le ire delle diplomazie internazionali, ma ne conseguirebbe un sicuro vantaggio: arrestare i profughi al di là del confine, in territorio siriano (nei campi della Mezzaluna Rossa, in territorio turco, sono già 10mila i profughi siriani).
In questo senso andavano sicuramente lette le parole del premier turco Erdogan che aveva definito "assolutamente deludente" le assicurazioni di Erdogan sulle riforme liberali in progetto. E la situazione sembrava dover scoppiare quando i carri armati di Damasco sono stati visti a meno di un chilometro dalla cittadina turca di Guvecci.
Ma negli ultimi giorni, il ministro degli Esteri di Ankara, Ahmet Davoutoglu, si è assestato su posizioni più prudenti: "Speriamo che la Siria riesca a rinnovarsi in una maniera tranquilla e che esca da questa situazione ancora più forte: noi faremo tutto il possibile per assisterla nell’attuazione di riforme che la rinnovino nella stabilità rendendola più forte”.
Perché questo cambio di rotta? Perché nel frattempo ad Ankara si è consumata la rottura (definitiva?), covata da tempo, tra il governo filo-islamico di Erdogan e le gerarchie militari, tutori della laicità dello stato kemalista: venerdì scorso il capo di Stato Maggiore e i suoi sottoposti capi di Stato Maggiore di Esercito, Marina e Aeronautica si sono dimessi dai propri incarichi in segno di protesta per la decisione del governo di trasferire nella Riserva 17 ufficiali dell'Esercito e altri 25 commilitoni implicati nel piano per il presunto colpo di stato anti-Erdogan scoperto nel 2003. Secondo i militari, invece, lo scopo dell'esecutivo sarebbe quello di promuovere al loro posto ufficiali sensibili alle istanze religiose.
E' l'ultimo atto di un braccio di ferro tra il partito di Giustizia e Sviluppo (al governo dal 2002) e le forze armate, recentemente inaspritosi (oltre che per la storia del tentato golpe del 2003) per i risultati del referendum, voluto da Erdogan, che nel 2010 ha limitato i poteri dell'esercito e, soprattutto, per la schiacciante affermazione elettorale di Giustizia e Sviluppo alle elezioni dello scorso 12 giugno (quasi il 50% dei voti). Uno scontro che non può che bloccare i progetti militari di Ankara, che rischia di trovarsi in conflitto anche con l'Iran, prima sostenitrice del presidente siriano Assad.

Lotta Europea


Lotta Europea, il giornale di resistenza al nuovo ordine mondiale. Geopolitica, economia, giustizia sociale, storia e tradizione. Aggiornamenti settimanali.

0 commenti:

© 2014 Lotta Europea | Distributed By My Blogger Themes | Designed By Bloggertheme9