
Come sempre accade, dietro questi aggettivi si nasconde la paura dell'Occidente per qualsiasi voce si levi contro il sistema liberalcapitalista imposto al mondo. Vediamo perché il caso ungherese costituisce un'eccezione a questa regola e quali sono le cause di tanto allarme.
La nuova Costituzione, la prima promulgata dopo la caduta del muro di Berlino, ha inserito tra i principi fondamentali alcuni concetti che suonano inaccettabili alle orecchie dei padroni del mondo: si parla espressamente di Dio, di tutela dell’embrione e di riconoscimento della sola unione in matrimonio fra uomo e donna.
A preoccupare però l'Occidente sono le politiche finanziare ed economiche messe in campo dal governo di Budapest: il premier Orban, infatti, ha deciso di non rinnovare il prestito concesso nel 2008 dal FMI, per non costringere il suo paese a sottostare ai pesanti compromessi stabiliti dall'organismo internazionale. Al contrario il primo ministro ha emanato una serie di provvedimenti rivoluzionari: ristatalizzazione dei fondi pensione, imposizione di una tassazione onerosa per i grandi gruppi stranieri operanti nel paese magiaro e limitazione dei poteri della Banca Centrale Europea. La risposta dell’Europa non è tardata ad arrivare con la sospensione dei negoziati per il prestito di 15 miliardi richiesto per risanare il bilancio statale. A questa decisione si sono aggiunte le minacce di sospensione dall' Unione Europea.
Per farla breve, l'Ungheria ha deciso di alzare la voce e di non cedere alle richieste internazionali, non curandosi delle pressioni internazionali ma, al contrario, seguendo quella che è stata definita la via islandese: impugnare il proprio debito come arma di ricatto.
Ad Est si è alzato un vento nuovo, a noi il compito di soffiare perché diventi tempesta e coinvolga tutta l'Europa.
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