
La risposta si trova nei 6,2 miliardi di perdite accumulati dal 2011 ai primi nove mesi del 2012, nei titoli di stato posseduti per 26 miliardi (due volte e mezzo il capitale stesso della banca), negli 11 miliardi di derivati e nei 17 miliardi di crediti a rischio che hanno costretto MPS a richiedere al Tesoro i soldi dei contribuenti, sotto forma di titoli speciali: sono i Monti bond, emanati dal Tesoro per un valore di due miliardi, che si aggiungono ai già versati 1,9 miliardi di Tremonti bond del 2009.
Debiti e perdite derivati, in gran parte, dall’acquisizione dell'Antonveneta dal Banco di Santander, costata 9 miliardi di euro poi saliti a 10, tre più di quanto fosse costata al venditore, 5 o 6 più del reale valore patrimoniale: abbastanza per suscitare i sospetti della magistratura che ha aperto un’inchiesta per aggiotaggio (oltre che per ostacolo alla Vigilanza) e per accendere i riflettori su altre operazioni dai nomi di mete turistiche come Alexandria e Santorini (essenzialmente, operazioni in derivati compiute con la giapponese Nomura per ottenere utili da ripagare in futuro per finanziare la fondazione).
Al di là dei tecnicismi e al di là dell’inchiesta della magistratura, restano nell’ombra i rapporti politici e la rete di relazioni intessute in quella che è una delle città massoniche del centro Italia. E rimane senza risposta le domanda più ovvie e banale. Perché la scalata ad Antonveneta ed il debito accumulato? Perché il coperchio è stato sollevato e le verità stanno lentamente e con difficoltà saltando fuori? La risposta l’ha data Cingolani su Il Foglio Quotidiano: Mussari, allora presidente di MPS, “si è fidato troppo della propria abilità, delle protezioni eccellenti, di quel sistema senese che mette insieme la curia, la massoneria, i sindacati, gli ex socialisti e gli ex comunisti”.
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