È un attacco incrociato quello sferrato in questi giorni contro il governo siriano: da un lato, la Lega Araba ha sanzionato la Siria isolandola completamente con un congelamento delle transazioni commerciali e dei conti bancari governativi, dall’altro, l‘ONU ha chiesto l'embargo per Damasco, denunciando le violazioni dei diritti umani perpetrate dai militari siriani. All’embargo però si è opposta Mosca, (che fornisce armi al regime) prevedendo una possibile escalation militare da parte della NATO, magari riproponendo la no-fly zone già sperimentata in Libia.
Nonostante l'intervento occidentale tardi a concretizzarsi, l'interesse strategico per un regime change è forte, come dimostrato dall'invio a Damasco di diversi agenti della DGSE(il controspionaggio francese) e del COS (Commandement des opérations speciales), che da settimane addestrano i disertori dell’esercito siriano nel nord del Libano e in Turchia.
Quest’ultima ricopre un ruolo di rilievo nello scenario siriano, perché è il paese dal quale probabilmente partiranno i principali attacchi, come già successo ai tempi della guerra in Iraq. Non per niente Erdogan, a dispetto del suo ruolo di guida del mondo arabo contro il pericolo sionista tratteggiato nei mesi scorsi dai media occidentali, ha intimato Assad di lsciare le redini del paese.
È evidente che il disegno e la strategia sono sempre gli stessi: prima vengono una forte pressione diplomatica e il contemporaneo addestramento delle forze "ribelli", poi verranno i bombardamenti e con questi la caduta del tiranno e l'esportazione della democrazia. La legge dell'eterno ritorno dell'uguale
Se però la Russia continuerà sui suoi passi (e non si asterrà dalla votazione in Consiglio di Sicurezza dell'ONU, come accaduto per la Libia di Gheddafi), il finale potrebbe essere differente.
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Nonostante l'intervento occidentale tardi a concretizzarsi, l'interesse strategico per un regime change è forte, come dimostrato dall'invio a Damasco di diversi agenti della DGSE(il controspionaggio francese) e del COS (Commandement des opérations speciales), che da settimane addestrano i disertori dell’esercito siriano nel nord del Libano e in Turchia.
Quest’ultima ricopre un ruolo di rilievo nello scenario siriano, perché è il paese dal quale probabilmente partiranno i principali attacchi, come già successo ai tempi della guerra in Iraq. Non per niente Erdogan, a dispetto del suo ruolo di guida del mondo arabo contro il pericolo sionista tratteggiato nei mesi scorsi dai media occidentali, ha intimato Assad di lsciare le redini del paese.
È evidente che il disegno e la strategia sono sempre gli stessi: prima vengono una forte pressione diplomatica e il contemporaneo addestramento delle forze "ribelli", poi verranno i bombardamenti e con questi la caduta del tiranno e l'esportazione della democrazia. La legge dell'eterno ritorno dell'uguale
Se però la Russia continuerà sui suoi passi (e non si asterrà dalla votazione in Consiglio di Sicurezza dell'ONU, come accaduto per la Libia di Gheddafi), il finale potrebbe essere differente.
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