lunedì 7 aprile 2014
martedì 1 aprile 2014
Tra le 439 centrali nucleari attive nel mondo al luglio del 2008, il 75% dei reattori ha più di 20 anni di vita: considerando che essi sono stati originariamente progettati (ed autorizzati) per un funzionamento fino a 40 anni, e che comunque la loro vita utile non potrebbe essere estesa oltre i 50/60 anni, è evidente che fra un paio di decenni si verificherà un pesante crollo della produzione energetica.
Nel mondo, il Nord-America e l'Europa, essendo le prime regioni ad aver avviato un programma nucleare, saranno anche le regioni maggiormente colpite da un'uscita di servizio a 40 anni delle loro centrali. In particolare, in Europa il 30% dei reattori ha una vita compresa tra 25 e 35 anni, il 60% tra 15 e 25 ed il 10% meno di 15 anni. Questo significa che l'Europa è destinata a perdere nel 2025 i quattro quinti del contributo nucleare, pari a circa il 25% dell'attuale produzione di elettricità. Si preannunciano quindi seri problemi al sistema elettrico europeo, dal punto di vista delle forniture di materia prima, di competitività e di sostenibilità ambientale. Infatti, i passati progetti di estensione delle licenze esistenti e di installazione di nuovi reattori sono stati ridimensionati a seguito dell'incidente di Fukushima, in conseguenza del quale paesi come la Germania e la Svizzera hanno addirittura accelerato i processi di dismissione delle centrali più vecchie e sospeso i programmi nucleari. Anche in Italia, il governo, in data 31 marzo 2011, ha abrogato le disposizioni prese nel biennio 2008-2010 che prevedevano l'edificazione di nuovi impianti nucleari nel nostro territorio dopo lo stop del 1987, ancor prima che un referendum (12-13 giugno 2011) cancellasse le norme che avrebbero consentito la produzione di energia atomica.
Poiché le centrali in via di chiusura sono essenzialmente centrali di base (nucleari e a carbone), è impensabile che esse possano essere sostituite da impianti eolici o solari: ne consegue, evidentemente, una crescente dipendenza dell'Europa dai combustibili fossili, il che equivale a dire una crescente necessità di una partnership privilegiata con Mosca e con i paesi dell'area caucasica.
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